Il cuoppo fritto

Notizie storiche

Il cuoppo fritto era già preparato in strada nel XIX secolo dai friggitori, figura tipica dei bassi napoletani; Emmanuele Rocco in “Usi e costumi di Napoli” (a cura di Francesco De Bourcard), del 1858, scrive che il friggitore era chiamato “zeppolaioulo” poiché i fritti erano indicati con il nome generico zeppole. Era molto diffuso grazie all’uso di ingredienti gustosi e poco costosi. In passato era anche chiamato “oggi a otto” perché, come per altri cibi di strada, il friggitore accettava un pagamento posticipato di una settimana.

Ricetta

Per realizzare il cuoppo prendere un foglio di carta paglia e, tenendo ferma la punta, arrotolarlo su se stesso in modo da creare un cono. Inserire nel cuoppo le paste cresciute, pasta lievitata fritta; i crocché di patate; gli “scagliuozzoli”, triangoli di polenta fritti; palle di riso; fiori di zucca ripieni di ricotta e passati in pastella; melanzane e zucchine impanate e fritte.

Gli ingredienti del cuoppo devono risultare asciutti per non ungere eccessivamente il cartoccio, e devono essere serviti molto caldi, in modo da conservare la croccantezza e la freschezza.

Variante: cuoppo di mare

Molto diffusa in alternativa al cartoccio di terra è il cosiddetto cuoppo di mare che ha il pesce fritto come ingrediente principale: pizzette con alghe, alici, baccalà, gamberi, calamari o moscardini passati nella farina e poi fritti. La ricetta prevede, al termine della preparazione, una spolverata di pepe e una spruzzata di limone.

Negli ultimi anni si è diffusa anche la variante dolce del cuoppo costituita da graffe di piccole dimensioni ricoperte con lo zucchero o frittelle dolci ricoperte di cioccolato.

Riferimenti letterari

Matilde Serao ne “Il Ventre di Napoli” (1884) scrive che con pochi soldi «Dal friggitore si ha un cartoccetto di pesciolini che si chiamano “fragaglia” e che sono il fondo dei panieri dei pescivendoli […] per un soldo, quattro o cinque panzarotti, vale a dire delle frittelline in cui vi è un pezzetto di carciofo, o un torsolino di cavolo, o un frammentino di alici».

Fonti bibliografiche e sitografiche

Jeanne Caròla Francesconi, La cucina napoletana, Napoli 1965.

www.ecampania.it

www.lucianopignataro.it

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