Il gattò

Notizie storiche 

Il gattò di patate napoletano è una torta rustica, o meglio uno sformato di patate, uova, mozzarella e prosciutto cotto. Questa ricetta è una preparazione che prende vita nel Regno delle due Sicilie. Fu introdotto dai cuochi francesi chiamati dalla regina Maria Carolina, figlia di Maria Teresa Lorena-Asburgo, moglie di Ferdinando I di Borbone, in occasione delle proprie nozze (1768).

La regina pretese cuochi francesi, simbolo di eleganza e ricchezza, all’interno della corte borbonica, dando impulso all’ingresso della figura del Monsù (derivante dal francese monsieur), nella case di tutti i nobili del regno.

Il gattò tuttavia fu inventato a Napoli,

L’italianizzazione del termine gateau avvenne a opera delle monache del Monastero di Santa Chiara di Napoli, che cominciarono ad usare la parola gattò, poi adottata da tutta Napoli.

L’11 agosto si festeggia la solennità liturgica di Santa Chiara, fondatrice dell’ordine delle monache clarisse, e una delle pietanze tipiche della festa è proprio il gattò di Santa Chiara.

Ricetta 

Lessare le patate, pelarle e schiacciatele e lavorarle fino a che non diventino un purè. Aggiungervi poi burro, parmigiano, romano, uova, prosciutto e salame a pezzettini, prezzemolo, sale, pepe, e un po’ di latte per rendere la purea più soffice. Amalgamare e impastare il tutto.

Ungere un ruoto e spolverarlo con pangrattato, stendere un primo strato di purè, poi uno strato di provola e mozzarella, poi un secondo strato di purè spolverato con pan grattato, e fiocchetti di sugna.

Infornare e far cuocere per 30/45 minuti. Prima di servire, far raffreddare e assestare il Gattò.

Si può mangiare freddo o caldo.

Riferimenti letterari

Il motivo della presenza nel napoletano del francesismo gattò viene riportato da Pino Imperatore in

Questa scuola non è un albergo , dove il significato del termine, inizialmente amopio, finisce per indicare una specialità culinaria tipica del luogo.

“ Mazzone ha aperto una credenza e il frigo e ha tirato fuori un po’ po’ di roba: patate, latte, burro, salame, sugna, pangrattato, provola affumicata, mozzarella, uova sode, parmigiano grattugiato, sale e pepe, prezzemolo tritato. Più una pentola, uno schiacciapatate, una teglia e una grossa ciotola:

«Allora, avete capito che cosa dobbiamo preparare?» ha chiesto.

Pinuccio ‘o Scienziato ha risposto per primo: «Un gâteau di patate!»

Il professore ha fatto di no con un dito.

«Non è esatto, Caradente. Non è un gâteau ma un gattò. Si pronuncia proprio così, alla napoletana. E vi spiego il motivo storico. Nel 1768 Ferdinando IV di Borbone sposò l’arciduchessa Maria Carolina d’Asburgo, che così divenne regina di Napoli» […]

«Maria Carolina aveva gusti francesi, e fece arrivare a corte alcuni cuochi d’Oltralpe. Li chiamava monsieurs, ma i napoletani trasformarono l’appellativo in monzù. Questi maestri cuisiniers portarono nella nostra città le loro conoscenze, e come spesso avviene in casi del genere, dalla commistione fra elementi “stranieri” e usanze locali nacque un piatto completamente nuovo, il gattò, che ha poco a che vedere con la torta francese gâteau se non per la storpiatura del nome.»

«Prufesso’, ma secondo voi è meglio ‘o gattò o ‘stu gâteau?» ha domandato Bombolone.«Sono buoni tutt’e due. Il gattò lo conoscete bene, il gâteau potrete provarlo il mese prossimo in Francia. A me piace quello al cioccolato: una delizia».”

Fonti bibliografiche e sitografiche

Pino Imperatore, Questa scuola non è un albergo, Firenze 2015

Jeanne Caròla Francesconi, La cucina napoletana, Napoli 1965

http://www.accademiadellacrusca.it/it/lingua-italiana/consulenza-linguistica/domande-risposte/alcune-osservazioni-gatt-patate-g-teau

www.identitainsorgenti.com/tradizioni-culinarie-11-agosto-oggi-il-gatto-di-santa-chiara-storia-di-un-incontro/

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