Il ragù

Notizie storiche

Il ragù, una salsa che oggi rappresenta la somma delle tradizioni partenopee, non solo culinarie, è tuttavia relativamente giovane, poiché conta meno di due secoli di età. Ancora più recente è l’adozione del nome che oggi attribuiamo al piatto. Il termine era ignorato dal Corrado e il Cavalcanti lo usa alternandolo incidentalmente con il termine “stufato” o “brodo di ragù”, scrivendo dei maccheroni. Il termine deriva certamente dal francese, sebbene con ragoût si intendesse uno spezzatino di montone. In senso lato ragoût assume invece il significato di “vivanda che piace e eccita l’appetito”. È però evidente che il termine, già dal 1700 in poi, sia stato utilizzato per denominare i vari tipi di ragù all’italiana, composti di differenti e numerosi ingredienti. Oggi il ragù è diventato per la famiglia napoletana un vero e proprio rito, che si celebra la domenica o almeno una volta a settimana. Come tutti i riti ha bisogno di attenzione e di dedizione nella sua celebrazione e di 5 o 6 ore di cottura. Risultano fondamentali la lentezza e l’accuratezza nel cucinarsi e la sequenza con cui vengono aggiunti i vari ingredienti a partire dalla cipolla che viene tirata con l’aiuto del vino. Si prosegue quindi con il rosolare del pomodoro e si termina con una lunga fase di lentissima cottura delle varie specie di carni, operazione che viene descritta con il termine “pippiare” (termine onomatopeico con cui si simula il suono della bollitura del sugo, simile a quello che produce chi tira una boccata di fumo dalla pipa). Nella tradizione degli antichi cuochi napoletani è rimasta pure famosa l’espressione “ncopp ‘a mattunella”, volendo con ciò intendere che il bravo cuoco deve allontanarsi il meno possibile quando è in corso la preparazione del ragù, dovendo rimanere appunto ferma sulla mattonella antistante i fornelli.

Ricetta

Lardellare 1 kg e mezzo di primo taglio di carne di manzo o di maiale 100 gr di prosciutto e 50 gr di pancetta salata. Preparare un battuto con 400 gr di cipolle, uno spicchio d’aglio, 50 gr di lardo e 50 gr di pancetta nell’olio. Aggiungere la carne, 100 gr di sugna, pepe e 400 gr di pomodoro a fuoco basso. Aggiungere del vino e quando il tutto sarà ben rosolato un paio di cucchiai di concentrato di pomodoro e una mezza tazza d’acqua facendo soffriggere lentamente finché il pomodoro non diventi scurissimo. Aggiungere ancora un paio di cucchiai di concentrato di pomodoro e infine 250 ml circa di acqua. Al termine della cottura, che può variare a seconda delle ricette da 5 fino a 12 ore, il ragù deve avere una consistenza densa e un aspetto scurissimo. Sono previste molte varianti soprattutto per ciò che riguarda i tipi di carne da utilizzare: salsicce, vari pezzi di maiale o di manzo; l’aggiunta di tracchie o costine di maiale è “facoltativa, ma dà migliori risultati”. Alcune varianti consigliano di allungare con brodo invece che con acqua.

Riferimenti letterari

La poesia ‘O rraù di Eduardo De Filippo

‘O rraù ca me piace a me
m’ ‘o ffaceva sulo mammà.
A che m’aggio spusato a te,
ne parlammo pè ne parlà.
Io nun sogno difficultuso;
ma luvàmell”a miezo st’uso.
Sì, va buono: cumme vuò tu.
Mò ce avèssem’ appiccecà?
Tu che dice? Chest’è rraù?
E io m’a ‘o mmagno pè m’ ‘o mangià…
M’ ‘a faje dicere na parola?
Chesta è carne c’ ‘a pummarola.”

Fonti bibliografiche e sitografiche:

Jeanne Caròla Francesconi, La cucina napoletana, Napoli 1965

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