La minestra maritata

Notizie storiche 

Il nome di questa minestra, “maritata”, descrive il “matrimonio” di verdure e carne. 

La minestra detta anche “pignatto grasso”: era il piatto più mangiato dai napoletani, gloria nazionale del Regno di Napoli, ispirata dagli spagnoli con l’avvento della dinastia aragonese. 

Ulisse Prota Giurleo, traduce la prima ricetta datata da Bartolomeo Zito, nel “defennemiento” della Vaiasseide, chiamandola “pignatta grande”. 

Ricetta 

Riporre in una pentola, un osso di prosciutto, e vari tagli di maiale (salamino, pezzentelle, tracchiollelle, salsicce fresche e lardo); aggiungere 4 dita di acqua fino a ricoprirli, e far cuocere lentamente per 2 ore e mezza. 

Cotta la carne, alzarla e scolarla dal brodo, poi tagliarla a pezzettini e riporla in una pentola. Dopo aver fatto raffreddare il brodo, con un cucchiaio alzare il grasso emerso in superficie, e rimetterlo a cuocere. 

Nel frattempo, in un altra pentola, calare nell’acqua in bollitura con pochissimo sale broccoli di foglia montati, broccoletti mondati, cicorie e scarola mondata, cappuccia mondata, torzelle mondate. alla seconda bollitura, alzare le verdure e sgocciolarle in uno scolapasta. 

Le verdure bollite, andranno aggiunte nel brodo bollente con il formaggio a pezzettini e peperoncino, continuando a cuocerle per mezz’ora a fuoco moderato. 

Riscaldare la carne nel suo brodo e mischiarla alla verdura. Spolverare la minestra con formaggio grattugiato. 

Riferimenti letterari

In Gleijeses si riporta:

Miette a bollere dint’ a na marmitta doje rotola de carne de vacca, na bella gallina, no ruotolo nfra verrinia, prosutto e buccularo de puorco, scummarraje, e po nge miette miezo ruotolo de lardo pesato, quanno tutta la carne s’e` cotta, nne la lieve e la miette dint’a nauto commodo co acqua cauda pe farla sta ncaudo; po passa lo brodo per dint’a lo scolamaccarone, e torn’a mettere lo brodo dint’a marmitta, e quanno volle miette na bella menesta de cappucce, torzelle, na scarolella, e no poco de vasenicola, la farraje cocere bona, e po mme sapraje a dicere che menesta acconcia stommaco che te mange”.

L’Ulisse Prota Giurleo, invece, descrive la procedura della minestra maritata:

Si piglia una pignatta grande, e dentro si mette un buon pezzo di carne di giovenca grassa, indi un cappone imbottito e una gallina casereccia, poi un salsiccione della Costa, quattro capi di salsicce cervellate, un pezzo di cacio nostrano, ossa maste, spezie quanto bastano, e poi, cotte che siano tutte queste cose, si aggiunga una bella affettata di torsoli e foglie scelte nelle più tenere come e si lascino bollire soave soave; poi si faccia riposare un pò il tutto, indi si mangi!”

Variante: la minestra del Cavalcanti

Mettere in una pentola con l’acqua, la pancetta e la carne. Schiumare il brodo e aggiungere il lardo pestato, il mazzetto e il sale. Cotta la carne, toglierla dalla pentola  e metterla a parte, per consumarla separatamente o nella minestra. Passare il brodo, e rimetterlo in cottura, una volta bollito calare i cavoli cappucci, torzzelle o broccoli o altra verdura a piacere, e lasciarla cuocere e poi servirla calda, anche aggiungendo pezzi di carne. 

Fonti bibliografiche e sitografiche

Jeanne Caròla Francesconi, La cucina napoletana, Napoli 1965

Vittorio Gleijeses , Feste, Farina e Forca, Napoli 1977

http://www.adsic.it/2002/03/12/vita-quotidiana-nella-capitale-del-regno-delle-due-sicilie/

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